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La traduzione come metodo di analisi del testo

Tradurre significa molto di più che trasporre un testo da una lingua all'altra. Il traduttore ha una spiccata capacità di analisi, che può essere utile anche per la valutazione della qualità di un testo.

Il traduttore: potenzialità e luoghi comuni di una professione semi-sconosciuta.

Troppo poco si sa dell'attività del "tradurre". Il mondo della traduzione è penalizzato da una serie di luoghi comuni dovuti alla superficialità con cui spesso questo lavoro viene considerato sia dai non addetti ai lavori, sia purtroppo dagli stessi traduttori e da coloro che si reputano tali.

Per inquadrare correttamente l'attività del traduttore bisogna ampliare l'orizzonte in due direzioni, diciamo verso monte e verso valle: a monte verso il testo di partenza e a valle verso l'obiettivo della comunicazione.

La maggior parte dei committenti (e una parte dei traduttori) ritiene che l'unico requisito indispensabile per poter tradurre sia conoscere bene (o più o meno bene) la lingua di partenza. Certo, questa è una condizione imprescindibile, ma non sufficiente. Tradurre è fondamentalmente un processo di astrazione mentale, un'astrazione dal significante nella lingua A (es. la parola tavolo) al significato ("mobile essenzialmente costituito da un piano poggiante su sostegni verticali" - Devoto/Oli, Dizionario della lingua italiana) e da qui al significante nella lingua B (es. la parola Tisch). Questo processo di astrazione è fondamentale ed è, oltre ad altri aspetti, quello che distingue un traduttore umano da un software di traduzione. La capacità di astrazione non è scontata ed è solo in parte innata - si impara studiando e facendo questo mestiere.

A ben guardare, la capacità di astrazione si rivela interessante non solo per la traduzione in sé ma anche per l'analisi e la valutazione di un testo. Per la sua natura e formazione, un traduttore è in grado di scoprire se una frase o un testo non ha senso o non è coerente: se il traduttore non riesce ad astrarre (e un buon traduttore deve farlo), cioè se non visualizza il significato nella sua mente, il motivo può essere ricercato nel fatto che la frase di partenza non ha un significato chiaro. Questa "analisi" permette di scovare e di scongiurare insensatezze, contraddizioni, ambiguità, errori di interpretazione – che possono avere conseguenze anche gravi. Per chiarire con un esempio, chi legge un testo non da traduttore ma da semplice lettore spesso non si accorge dell'ambiguità di una frase, perché tende a ricostruire automaticamente dal contesto l'interpretazione più logica oppure a saltare direttamente l'informazione. Il traduttore, invece, di fronte a una frase ambigua, che potremmo rappresentare come un bivio, non ha altra scelta che fermarsi e indagare prima di intraprendere una strada (un'interpretazione) o l'altra. Questa abilità può rivelarsi determinante ad esempio nell'analisi dei testi giuridici o dei contratti, dove possibili interpretazioni difformi causano seri problemi, ma anche per valutare se un testo assolve alla sua funzione, ovvero se il messaggio passa al lettore/fruitore nel modo in cui lo intendeva chi l'ha scritto.  Il traduttore infatti è un autorevole lettore, nel senso che è dotato degli strumenti linguistici che gli permettono di scoprire perché  il testo suscita nella sua mente determinate reazioni; è in grado di capire perché l'uso ad esempio di un determinato registro (o più semplicemente "tono") può far apparire un testo inadatto o inopportuno e quindi scatenare nel lettore una sorta di repulsione. E qui le intersezioni con la sfera della comunicazione sono evidentissime.

Ci sono poi molte altre competenze "a monte" che il traduttore deve possedere oltre alla conoscenza della lingua di partenza: innanzitutto la conoscenza della cultura, delle tradizioni e delle convenzioni (linguistiche e non solo)  del paese in cui si parla la lingua in oggetto e di quella verso cui tradurrà. La lingua è estremamente condizionata dalla cultura e dalla tradizione di un paese, basta soffermarsi un solo minuto a pensare ai modi di dire, alle associazioni che determinate parole risvegliano, ai giochi di parole, alle allusioni in generale, alle "accezioni". Riconoscere questi elementi nella lingua di partenza presuppone la loro conoscenza o, per lo meno, la capacità di dubitare e indagare. Un requisito fondamentale del traduttore è infatti il dubbio, la consapevolezza di non sapere a sufficienza, mentre nemico acerrimo della traduzione è l'assoluto, la presunzione, il dato per certo. Se fa bene il suo lavoro, il traduttore indaga, chiede, si informa, scandaglia e così arricchisce continuamente il suo bagaglio di conoscenze. Il suo lavoro, che a molti può apparire ingrato, è in questo senso "gratissimo".

Un altro luogo comune da sfatare è la convinzione che la lingua sia "una" - non nel senso che esistono diverse varietà (es. inglese e americano), questo va da sé - ma nel senso che esistono molteplici "linguaggi" specialistici o "lingue speciali"; e qui si entra nel campo della terminologia. Anche in questo caso basta fermarsi a riflettere un solo minuto: è evidente che la lingua usata per redigere una sentenza è diversa da quella che si usa per la conversazione tra amici e lo stesso vale per i linguaggi della tecnica, della scienza, dell'economia, della medicina e chi più ne ha più ne metta. Spesso gli stessi termini hanno significati diversi in un settore o in un altro e anche la loro combinazione (in termini linguistici le collocazioni) è diversa. Il traduttore questo lo deve (a) sapere, (b) riconoscere e (c) riproporre nell'altra lingua. Non è facile: immaginatevi di dover scrivere un trattato di medicina senza essere un medico... (e che i vostri lettori siano invece dei medici!) Questo è il motivo per cui generalmente il traduttore si specializza in uno o più settori e affianca alle sue competenze linguistico-traduttive anche competenze generali nella materia in cui è specializzato (es. diritto se farà traduzioni giuridiche). Non a caso in alcuni settori molto specialistici come la medicina c'è una stretta collaborazione tra traduttore e medico e nella filosofia a tradurre sono spesso gli stessi filosofi. In quest'ultimo caso si sono registrati però purtroppo diversi errori dovuti alla carenza dell'aspetto "linguistico", che hanno addirittura portato a errate interpretazioni del pensiero dell'autore e ingenerato una sorta di "revisionismo". A questo aspetto si collega anche l'umiltà del traduttore - ed è qui che spesso noi traduttori sbagliamo: la nostra formazione ci mette teoricamente in grado di affrontare più o meno qualsiasi testo, nel senso che ci dà gli strumenti per "indagare" testi di medicina, archeologia o economia, ma una traduzione di qualità di testi altamente specialistici richiede a un traduttore non specializzato nella materia, tempi lunghissimi e perlomeno un'accurata "revisione"da parte di uno specialista. La nostra deontologia vorrebbe che non facessimo traduzioni delle quali non siamo in grado di garantire il risultato. E questo è il problema più grosso, interno alla categoria, dovuto in parte alle regole del mercato (che nascono dalla non-informazione) e in parte alla presunzione di molti (aiutati dalla mancanza di un albo) di saper tradurre.

Rivolgiamo ora lo sguardo a valle. Innanzitutto il traduttore scrive. Quindi deve esserne capace e se ha delle difficoltà a redigere un testo (traduzione o non traduzione che sia), ha sbagliato mestiere. Durante la sua formazione universitaria, il traduttore scrive di continuo, soprattutto temi. Vi ricordate, quei componimenti lunghi che dovevano essere ben strutturati e che normalmente servivano a descrivere o argomentare con coerenza un determinato pensiero? In altre parole, quelli che non si scrivono più perché la comunicazione è diventata fugace e sincopata e non c'è più tempo per un tema? Bene, proprio quelli. Perché un testo deve (dovrebbe?) essere sempre coerente, ben strutturato e funzionale all'obiettivo - se si vuole che sia efficace. Qualsiasi tipo di testo! Dall'articolo di giornale allo slogan pubblicitario; anzi – è proprio in quest'ultimo caso che l'efficacia del testo si manifesta in tutta la sua rilevanza economica.
Questo punto è cruciale e ha i contorni di un vero e proprio dilemma se si pensa che negli ultimi anni da un lato si è persa l'attenzione per la scrittura, per l'italiano, per la linguistica (non si scrivono più temi, non si leggono più libri, si fanno ricerche su wikipedia, non si studia la grammatica, si mutila l'italiano per gli sms...) e dall'altro si pretende una comunicazione sempre più efficace! Perché nel bombardamento di informazioni a cui il lettore-utente-consumatore è continuamente esposto, sopravvive solo chi comunica in modo efficace.
Già. Eppure si continua a trascurare la scrittura – anche da parte degli stessi addetti ai lavori (giornalisti, redattori, copywriter…) .  Gli esempi non mancano, basta andare a caso su qualche sito web, sfogliare qualche manuale, leggere qualche articolo... in generale spingersi un po' più a fondo in qualsiasi lettura.

In tutto questo giocano un ruolo fondamentale due aspetti: la mancanza di informazione da parte del mercato e la presunzione di saper scrivere solo per il fatto che si è di madrelingua italiana (o altra) e che si è assolto l'obbligo scolastico. Questo spiega perché ad esempio nei tribunali, pur di pagare poco,  si impiegano traduttori reclutati solo perché di madrelingua cinese, araba, albanese… e non sono pochi i casi di persone ingiustamente finite in carcere perché il traduttore non si è saputo esprimere. Ma questa poi è cronaca.

Prima che un'arte, scrivere è un mestiere. Non ha senso rifugiarsi nel "soggettivo", nel "personale", come fanno molti redattori di testi obbrobriosi. Di soggettivo e personale semmai c'è lo stile. Al di là degli errori e delle sgrammaticature vere e proprie, le incongruenze, le ambiguità, le cadute di registro, l'inconsistenza, la punteggiatura a casaccio (e l'elenco potrebbe essere molto più lungo…) sono errori; errori nel senso che pregiudicano la qualità di un testo, l'efficacia della comunicazione. E perché si dovrebbe scrivere, se lo scopo non è comunicare?

Daniela Roso

laurea in Traduzione presso la SSLMIT dell'Università di Trieste,
dal 2000 si occupa della traduzione della manualistica tecnica
per la filiale italiana di un'azienda tedesca, leader nella produzione
di elettrodomestici e macchine professionali.