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La norma UNI 11482:2013, "Elementi strutturali e aspetti linguistici delle comunicazioni scritte"

di Giovanni Acerboni
(L'ink, Scrittura professionale - relatore della norma)

La norma UNI 11482:2013, "Elementi strutturali e aspetti linguistici delle comunicazioni scritte", definisce una serie di caratteristiche che la comunicazione scritta delle organizzazioni, pubbliche e private, deve o può avere per risultare chiara e immediatamente comprensibile.

La norma distingue anzitutto due tipi di comunicazioni:

  • strutturata, cioè dotata di un sommario
  • non strutturata, cioè non dotata di sommario

Esempi di comunicazione considerati dalla norma sono:
Circolare, Codice etico e di condotta, Comunicato stampa, Lettera e e-mail, Manuale (o Guida) di prodotto o di procedura, News, Offerta commerciale, Ordine di Servizio, Parere, Position paper, Progetto, Regolamento interno, Relazione (o Report, Rapporto, Appunto, Nota informativa, Resoconto di riunione), Relazione annuale (o Annual report), Relazione per gli investitori, Rendiconto economico, sociale, ambientale o integrato, Scheda prodotto o servizio.
Di queste comunicazioni, la norma si occupa degli elementi strutturali e di alcuni aspetti linguistici.

Gli elementi strutturali

Quanto agli elementi strutturali, la norma definisce che cosa siano, a che cosa servano e con quali informazioni si compongano il frontespizio, l'indicazione dell'autore, il nome della comunicazione, il titolo, il sottotitolo, i riferimenti di rintracciabilità e di validità, l'executive summary, il sommario, il numero di pagina, le partizioni, gli allegati, il glossario, gli indici, le evidenziazioni.

Particolarmente rilevante è la definizione del titolo (o oggetto) delle comunicazioni non strutturate. Infatti, il titolo (di una e-mail, di una circolare ecc.) è ciò che dice al destinatario se la comunicazione che ha ricevuto è interessante e urgente. La norma definisce una modalità che, se condivisa, renderà i titoli assolutamente affidabili: chi si riconosce nel titolo leggerà poi la comunicazione, chi non si riconosce potrà archiviarla senza leggerla, sapendo che cosa non ha letto e sapendo di non avere perduto alcuna informazione utile.
I titoli così composti si fondano sul concetto dell'Informazione principale (definito da Tommaso Raso, in La scrittura burocratica, e sviluppato da Giovanni Acerboni, in Per una definizione del titolo, in progress), cioè quella che, in forza del potere discriminante dei suoi elementi, definisce l'argomento e seleziona il destinatario. Costruiti con l'Informazione principale, i titoli avranno una lunghezza ideale di circa 8-10 parole, mai meno di 5 e mai più di 16.

Una seconda prescrizione di grande rilievo riguarda le partizioni dei testi non strutturati più lunghi di cinque capoversi, che devono essere ripartiti in blocchi tematici titolettati (e le eventuali note a piè di pagina; i blocchi tematici sono definiti da Giovanni Acerboni, in Progettare e scrivere per Internet) per consentire al lettore di orientarsi nel testo, prima di leggerlo, e di capire quali argomenti lo interessano, senza averlo letto per intero.

Di grande rilievo, soprattutto per razionalizzare stili molto diversi tra organizzazioni e persino all'interno di ogni organizzazione, sono anche le prescrizioni e le indicazioni relative ai criteri di evidenziazione. La norma non entra nel merito degli aspetti grafici (impaginazione, colori, sfondi, dimensione dei caratteri ecc.), ma, per quanto riguarda il formato dei caratteri, prescrive che siano il grassetto e il corsivo, e vieta l'uso del sottolineato, del tutto maiuscolo e del maiuscoletto.

Gli aspetti linguistici

Se relativamente agli elementi strutturali la norma agisce con spirito razionalizzatore, relativamente agli aspetti linguistici agisce soprattutto con spirito modernizzatore. Infatti, i linguaggi delle organizzazioni, che potremmo definire genericamente tecnico-amministrativi, condividono alcune caratteristiche, indipendentemente dall'argomento. Tali caratteristiche, pur non contraddicendo la grammatica, appartengono a un italiano vecchio, fossilizzato, inattuale, testimoniato nel presente solo, appunto, da tali comunicazioni.

La norma dunque esclude che nella sintassi siano utilizzati il participio presente con valore verbale (es. "i documenti comprovanti le spese", "avente ad oggetto"), il futuro deontico (che esprime un obbligo: "la S.V. consegnerà i documenti entro trenta giorni"), e il 'si' enclitico, cioè incorporato alla fine del verbo ("conclusosi").

La norma, poi, prende in considerazione una caratteristica diffusissima in tutte le comunicazioni delle organizzazioni, cioè il fenomeno cosiddetto della nominalizzazione. Questo fenomeno consiste nell'attribuire il significato ai nomi (e anche agli aggettivi e agli avverbi), anche quando i nomi hanno un verbo corrispondente che potrebbe esprimere ugualmente quel significato. Per esempio, parole come 'considerazione', 'transito', 'attribuzione' hanno un verbo corrispondente: 'considerare', 'transitare', 'attribuire'. Se fosse possibile costruire la frase con il verbo e con il suo soggetto (chi considera? chi transita? chi attribuisce?), si otterrebbero frasi con una nominalizzazione molto ridotta, cioè con molti più verbi attivi, più frasi brevi e meno complementi indiretti, che fanno aumentare il numero delle parole e rendono più difficoltosa la comprensione. Da questo punto di vista, la norma indica in quattro il numero massimo di complementi indiretti per ogni verbo. Questa indicazione ha il vantaggio di servire a chi scrive per controllare facilmente la qualità del suo testo: basta contare i verbi e i complementi indiretti collegati al verbo. Oltre i quattro, quella frase può essere quasi sempre migliorata.

Dal punto di vista del lessico, la norma vieta l'uso di parole e locuzioni indicate come obsolete dai più recenti dizionari. Un allegato della norma contiene un elenco non esaustivo ma esemplificativo di parole e locuzioni da evitare accompagnate da suggerimenti per trovare delle alternative.